"Se ho voluto fare questo film è anche per dire che Pulcinella, o Ranieri, o io o tanti di noi sentiamo profondamente l'isolamento che c'è intorno a chi si ostina a cantare o ad avere fantasie, a usare parole come amore, poesia, sentimento. Tutto sembra congelato da un mondo di ignoranze, di violenze, di incomprensioni. La nuova generazione è staccata rispetto alla vecchia, e la vecchia stessa vive disorientata un mondo che non è quello che sognava. Tutto questo c'entra con l'Ultimo Pulcinella? Certamente si perché il nostro film è la storia di un conflitto di generazioni, di un ragazzo che scappa da suo padre proprio perché a Napoli quello si ostina ancora nel 2008 a cantare, nelle strade di una città difficile da vivere, le storie di Pulcinella; se ne va via, a Parigi, in un altro luogo disgraziato come sono le banlieues oggi. Il padre lo raggiunge e assieme, fra mille ostacoli, cercheranno di ricostruire con una umanità multietnica dei giovani di quelle periferie uno spazio dove continuare a cantare e a sognare. Mano a mano che noi giravamo a Napoli e a Parigi, ci rendevamo conto che il film era una sorte di canto di vita per tanti di noi che si chiedono quale sarà il futuro, se ci sarà, e ci sarà, dei cantastorie, dei poeti, di chi pensa che il sogno sia una componente fondamentale della realtà."
Maurizio Scaparro
"In questo quadro Massimo Ranieri, già sublime Pulcinella alla ribalta, ha un' importanza fondamentale. Siamo oltre 59 milioni di italiani che in contrasto con il vigente bipolarismo imperfetto tendiamo a fondare 59 milioni di partiti, ma su alcune piccole cose potremmo tentare un accordo. Per esempio stringendo una federazione fra gli ammiratori di Ranieri, finora spartiti in tre gruppi che spesso si ignorano a vicenda chi privilegiando il cantante, chi il cineasta o il prosaiolo. Di simili campioni a ciclo completo ne sono esistiti pochi; e se penso a un incantevole precedente della versatilità di Massimo il primo nome che mi viene in mente è quello di Yves Montand. Il biglietto da visita del «Ranieri per tutti», uno e trino, potrebbe essere proprio L' ultimo Pulcinella: un piccolo film schietto e sotto certi aspetti esile che lascia tuttavia un retrogusto duraturo. Soprattutto quando si rinchiude nel cuore della vicenda, quel palcoscenico degradato di Parigi (girato però nello storico teatrino di Amelia) dove in una mescolanza da Orchestra di Piazza Vittorio si rinnova fra gente di ogni colore e provenienza il mito di «les italiens». Il protagonista recita, canta e comunica con una passione antropologica che contraddice il titolo. Di fronte al suo travolgente Pulcinella come si fa a pensare che sia l' ultimo? Si conclude piuttosto che, nato nel ' 600, è destinato a sopravvivere almeno per altri quattrocento anni."
Tullio Kezich, 13 marzo 2009. Il Corriere della Sera ©